La Corte di Cassazione, con un’ordinanza dello scorso settembre, si è espressa sull’erogazione dei buoni pasto al lavoratore durante le ferie.
Negli anni settanta sono stati introdotti per la prima volta in Italia i buoni pasto. Si tratta di mezzi di pagamento dal valore predeterminato che integrano il reddito di un lavoratore e possono essere utilizzati per acquistare, come si intuisce dallo stesso nome, pasti o beni alimentari presso le attività convenzionate.
Questi benefit aziendali, che fungono da servizi sostitutivi di mensa, possono essere erogati in forma cartacea, digitalizzata o elettronica (caricati su una tessera assegnata al lavoratore. Proprio in materia di buoni pasto, qualche mese fa, si è espressa la Corte di Cassazione con una sentenza relativa all’erogazione di questi benefit durante i periodi di ferie dei lavoratori.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 25840 del 27 settembre 2024 si è espressa in materia di indennità di mansione e buoni pasto. In linea con alcune pronunce della Corte di Giustizia europea, i giudici della Suprema Corte hanno stabilito che i buoni pasto devono essere riconosciuti anche durante le ferie.
Secondo la giurisprudenza comunitaria, il dipendente ha diritto a tutti gli elementi che compongono la busta paga nelle altre mensilità anche nei periodi di riposo previsti dal contratto di lavoro. La retribuzione delle ferie, in sintesi, comprende qualsiasi tipo di importo previsto dal rapporto di lavoro per l’esecuzione delle mansioni. Le pronunce della Corte di Giustizia europea hanno valore vincolante e devono essere applicate da tutti i Paesi membri. Il lavoratore, considerato questa sentenza, dovrà percepire quando in ferie la retribuzione prevista dal contratto di lavoro ed i buoni pasto senza alcuna riduzione degli importi o del numero erogato.
La Cassazione aveva esaminato il caso di un dipendente di una Srl che aveva lamentato il fatto di non aver percepito durante le ferie una retribuzione equivalente a quella erogata normalmente quando in servizio. Erano stati esclusi, in particolare, l’indennità perequativa, l’indennità compensativa e il ticket-mensa. In primo grado, il Tribunale di Benevento si era espresso a favore del lavoratore, così come la Corte d’Appello di Napoli.
In entrambi i gradi di giudizio, i giudici avevano evidenziato come la retribuzione non doveva essere differente tra i periodi di riposo e quelli in servizio condannando l’azienda al pagamento delle differenze retributive al dipendente. La Cassazione ha confermato quanto stabilito dalla Corte d’Appello, tenendo conto delle pronunce della Corte di Giustizia europea, respingendo il ricorso della Srl e condannando quest’ultima anche al pagamento delle spese processuali.
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